17/10/2014 – Nuovo Quotidiano di Puglia
ROSATO DI NEGROAMARO IL DOC È ANCHE “SFUSO”Tappa a Copertino dalla famiglia MarulliVito e Francesca sono fratelli e portano avanti l’azienda di famiglia. «Il nostro vino è come noi – dicono -, solare genuino e con qualche asperità che non tradisce mai» di Pino De LucaCopertino, città del Santo dei Voli e di una Doc, città di mostri sacri dell’enologia e città di chi forse non ha mai letto il libro di Franco Tatò “Perché la Puglia non è la California”, ma ha imparato a prendere la vita fra le mani e scegliere. Da una parte l’attesa, l’emigrazione e la raccomandazione per sistemarsi, dall’altra la voglia di tenere la testa alta. Di nuovo in un racconto di giovani, di braccia rimaste in agricoltura e di cervelli mai fuggiti a comandare quelle braccia.Copertino, dunque, via della Grottella 155. L’ampio portone di ingresso schiude un salone in cui impera l’acciaio di silos, di rompe, fermentini e di quanto serve per far funzionare una piccola cantina.Linda, profumata e ben ordinata. Luogo di avventori che, con la loro bottiglia, passano ogni giorno a comperare un litro di vino da mettere a tavola. Lo “sfuso” che mantiene il legame con la città, con quella parte di popolo che, magari, nelle vigne ci lavora da semprema che non può permettersi di acquistare la “bottiglia” da mettere a tavola ogni giorno e allora ricorre al vino “sfuso”, tra l’altro di ottima fattura e, certamente, di maggiore genuinità. In cantina ci puoi trovare sempre qualcuno della famiglia Marulli. Oggi è capitato Vito. Stivali, guanti e maglietta visibilmente bagnata, di acqua? Di mosto? Di sudore? Forse tutte e tre.In cantina si lavora e Vito, 32 anni, perito agrario, scelse di non lasciare quei sette ettari di alberelli eroici che avevano i suoi genitori. Scelse la terra e di “portarla avanti” come si usa dire in queste zone. Ma la scuola conta, e molto, e le tecniche di coltivazione Vito le ha cambiate, i ceppi di negro amaro, vero dominus aziendale e vero “pallino” di Vito, producono grappoli, pochi forse, ma carichi di tipicità e di territorio.Non solo le disgrazie ma anche le grazie amano la compagnia. Francesca, che di Vito è la sorella, è un enologo e dunque tutto il ciclo si chiude in famiglia. I vini Marulli dei Marulli portano la chiara ed inoffuscabile impronta. «Io ho un carattere solare, aperto, a volte un po’ brusco e a volte un po’ ingenuo. Ma sono così, coltivo la vigna e coltivo degli alberelli di negroamaro molto più vecchi di me. Devo assecondarli e devo spiegare a chi assaggia il vino che ci sono delle particolarità che vengono dall’uva.Levarle forse sarebbe più glamour ma sarebbe un tradimento delle piante. Ecco il mio vino, solare, aperto genuino, con qualche asperità ma che non tradisce mai». Così lo racconta Vito, vignaiolo di un vino che nasce per l’80% in vigna e per il 20% da pratiche di cantina. Tanto che, quando l’uva non è “giusta” un’annata salta, non si mette in bottiglia. Fa male ma il tradimento è peggio. Anche se Francesca avrebbe conoscenza e competenza per “aggiustare” anche una cattiva annata ed anche se saltare una annata ha un peso non indifferente. Ma chi sceglie la terra ne deve accettarei ritmi, le bizzarrie ed anche i capricci come ne accetta le indubbie generosità. E Vito fatto così. La sua voce sale di tono e si accalora quando al tasto “Rosato”, per fortuna arriva una signora bruna dalle mani e dal viso che hanno conosciuto e conoscono la fatica. Una bottiglia da due litri, da riempire alla canna, di un rosato vivo e brillante che, sulla tavola non è solo per delizia o per capriccio, ma alimento capace di scaldare il corpo e l’anima. Poi si ricomincia dal rosato dei Marulli, colore carico di corallo, profumi vino si e il corpo massiccio, pieno e forzuto.Di grande bevibilità e freschezza nonostante una certa generosità alcolica. E, per finire, tutti scoprono una nota di amaro. Non se lo ricordano i giovani il Kambusa One, l’amaricante. Chissà cosa usavano per ottenere quel fondo amaro. Ecco il Negroamaro ce l’ha di suo. Non bisogna aggiungere nulla e non bisogna levarlo come spesso accade. Basta spiegare a chi non lo conosce che cosa è. Vola il tempo e si intrecciano le parole sui progetti futuri, ed è bello ascoltare un giovane che ha compreso e adotta le buone pratiche di un’ industria e di un’agricoltura rispettosa, che applica quanto ha appreso con lo studio ed è “sempre pronto ad imparare qualcosa ma per affermare la propria idea di fondo”.Da San Diego a San Francisco si impiegano all’incirca 8 ore di auto, lo stesso tempo che si impiega per andare da Ravenna a Gallipoli. In tutti e due i casi, poco prima della destinazione, si incontra un Copertino (in Italia) ed un Cupertino (in California).E torna in mente il libro di Franco Tatò. La Puglia non poteva essere la California, troppa diversità di dimensioni. Però a pensarci bene … in 14 anni molte delle cose che mancavano sono state fatte, dagli Aeroporti al turismo, dalle infrastrutture all’agricoltura piena di braccia e menti giovani. Nella Silicon Valley nasce il futuro, nella Vinicon Valley proviamo a renderlo più bello. Grazie a tanti come Vito che costruiscono futuro con le radici del passato. Poi c’è anche Francesca, ma questa è un’altra storia. P.S. Certo che lo Stato dellaCalifornia ha dichiarato fallimento, noi, in Puglia, continuiamo a combattere. La Puglia non è la California, è meglio!L’ARTICOLO:
