Ecobonus 2025: adesso è finita davvero | Scende l’aliquota e si perdono un mare di soldi: ecco quanto perderemo quest’anno
Dal 2025 cambia tutto: addio alle vecchie percentuali. L’Ecobonus scende al 50% per la prima casa e crolla al 36% per le altre. Ecco la nuova mappa delle detrazioni.
Bonus (Pexels) - MtvPuglia
Il panorama dell’edilizia residenziale italiana si appresta a vivere, con l’avvento del 2025, un cambiamento radicale che segna definitivamente la fine della stagione dei “bonus a pioggia”. Dopo anni di agevolazioni straordinarie, trainate dalla locomotiva del Superbonus 110% e dalle sue successive rimodulazioni, il Governo ha deciso di imprimere una decisa frenata alla spesa pubblica. La parola d’ordine per il nuovo anno è razionalizzazione, un termine che per i contribuenti si traduce in una sola, inequivocabile realtà: il taglio delle aliquote. L’Ecobonus e il Bonus Ristrutturazioni, così come li abbiamo conosciuti nell’ultimo decennio, cambiano volto, riducendo drasticamente la quota di spesa che lo Stato è disposto a rimborsare ai cittadini.
La fine dell’era dei maxi-bonus e il ritorno all’ordinario
Per comprendere la portata delle modifiche in vigore dal 1° gennaio 2025, è necessario osservare il contesto legislativo. La Legge di Bilancio ha tracciato una linea netta di demarcazione con il passato, spinta dalla necessità di rientrare nei parametri di deficit concordati con l’Unione Europea. Il meccanismo delle detrazioni fiscali edilizie, che ha drogato positivamente il mercato ma ha anche pesato enormemente sulle casse dell’Erario, viene ridimensionato per tornare a una gestione ordinaria e sostenibile.
Non si tratta solo di un ritocco, ma di un cambio di paradigma strutturale. Se fino al 31 dicembre 2024 era ancora possibile usufruire di aliquote maggiorate o del classico 50% esteso a tutti gli immobili, il 2025 introduce un sistema a doppio binario molto più rigido. L’obiettivo non è più stimolare l’economia a ogni costo, ma supportare esclusivamente le riqualificazioni essenziali, riducendo al minimo il contributo statale per gli investimenti considerati non prioritari. Questo scenario impone ai proprietari di immobili e agli amministratori di condominio una pianificazione finanziaria molto più attenta, poiché la quota di lavori a carico del privato aumenterà in modo considerevole.
Le nuove aliquote: il crollo al 36% e l’eccezione prima casa
Il cuore della riforma risiede nella rimodulazione delle percentuali di detrazione, che scendono ai minimi storici degli ultimi anni. Il sistema che entra in vigore nel 2025 prevede una distinzione fondamentale basata sulla tipologia dell’immobile oggetto dei lavori. La norma generale, che rappresenta la vera stangata per il settore, vede l’aliquota base scendere al 36%. Questa percentuale si applicherà a tutte le abitazioni che non rientrano nella categoria di “abitazione principale”. Si tratta di un ritorno al passato, precisamente alle aliquote previste dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) prima che venissero sistematicamente potenziate dalle leggi di stabilità annuali.
Esiste, tuttavia, un’eccezione pensata per tutelare le famiglie: per gli interventi effettuati sull’abitazione principale (la cosiddetta prima casa), l’aliquota viene mantenuta al 50% per tutto il 2025. Sebbene possa sembrare una buona notizia, va letta in prospettiva: il 50% diventa il tetto massimo, ben lontano dal 65%, 90% o 110% a cui il mercato si era abituato. Inoltre, anche per la prima casa, il destino è segnato: le proiezioni normative indicano che, salvo nuovi interventi legislativi, anche questa aliquota scenderà al 36% a partire dal 2026 o 2027. Scompare quasi del tutto la vecchia distinzione tecnica tra Ecobonus (riqualificazione energetica) e Bonus Ristrutturazioni: la tendenza è quella di uniformare le detrazioni verso il basso, rendendo meno conveniente l’efficientamento energetico se non supportato da capitali privati ingenti. Anche i massimali di spesa subiscono una stretta, rendendo il “tesoretto” fiscale molto meno capiente rispetto al passato.
L’impatto sul mercato e il paradosso della Direttiva Case Green
Questa drastica riduzione delle aliquote crea un paradosso complesso se incrociata con gli obblighi europei. Mentre l’Italia taglia gli incentivi portandoli al 36% e al 50%, l’Unione Europea, attraverso la Direttiva Energy Performance of Buildings Directive (EPBD), nota come “Case Green”, chiede agli Stati membri di riqualificare il parco immobiliare per ridurre le emissioni. I proprietari si trovano quindi tra l’incudine degli obblighi di efficientamento futuri e il martello di aiuti statali sempre più esigui.
L’impatto sul mercato immobiliare e delle costruzioni sarà inevitabile. È prevedibile una contrazione della domanda per le ristrutturazioni delle seconde case, dove il recupero fiscale del 36% in dieci anni potrebbe non essere ritenuto sufficiente a giustificare l’investimento immediato, specialmente con i tassi di interesse attuali e l’inflazione dei materiali edili. Per le prime case, il mantenimento del 50% offrirà un cuscinetto, ma la spinta propulsiva è destinata a esaurirsi. La ristrutturazione torna ad essere un investimento privato, dove il bonus fiscale è un accessorio gradito e non più il motore principale dell’operazione. Chi ha in programma lavori dovrà fare i conti con un piano di ammortamento decennale e un esborso immediato molto più alto, segnando la fine dell’epoca in cui si poteva ristrutturare quasi a costo zero.
