Il quiz delle 5 penne | Lo fanno ai colloqui e mette in difficoltà anche i genietti: la risposta è assurda ma c’è

Penne

Penne (Pixabay) - MtvPuglia

“Ho 5 penne e te ne presto 2: quante me ne rimangono?” Un quesito semplice solo in apparenza, usato nei colloqui per testare ragionamento e soft skill.

Nel mondo del lavoro moderno i colloqui non si limitano più a una semplice valutazione tecnica, ma mirano a comprendere in profondità la personalità, le capacità trasversali e lo stile di pensiero dei candidati. Le aziende più strutturate prevedono spesso più fasi di selezione, dai primi incontri conoscitivi alle prove pratiche, fino a domande mirate a capire come si affrontano problemi inattesi. In questo scenario si inseriscono gli indovinelli logici, strumenti rapidi ed efficaci per osservare il modo in cui una persona ragiona sotto pressione.

Tra le domande più diffuse e sorprendenti c’è un quesito tanto semplice nella forma quanto insidioso nella sostanza: “Ho 5 penne. Te ne presto 2. Quante me ne restano?”. Una domanda che, nei colloqui, mette spesso in difficoltà i candidati perché obbliga a distinguere tra possesso momentaneo e proprietà nel lungo periodo. Non si tratta di una semplice operazione matematica, ma di un piccolo test psicologico che rivela il modo in cui si affrontano le sfumature, le parole e i problemi solo apparentemente banali.

Perché i recruiter usano l’indovinello e cosa rivela la tua risposta

A differenza delle classiche domande di logica numerica, questo indovinello serve a valutare la capacità di cogliere il contesto e di non farsi ingannare dall’istinto. Molti candidati rispondono automaticamente “3”, applicando la sottrazione immediata 5 – 2. È un ragionamento lineare e comprensibile, che però interpreta il prestito come una perdita effettiva. Chi risponde in questo modo mostra spesso un approccio pratico e orientato all’azione, ma anche la tendenza a fermarsi al significato più immediato delle parole.

Una parte dei candidati, invece, riflette sul termine “prestare” e conclude che la proprietà non cambia: le penne sono ancora cinque, anche se due si trovano temporaneamente in mano a qualcun altro. La risposta più considerata “corretta” nel contesto del colloquio è infatti “5”, perché indica capacità di ragionamento astratto, attenzione al linguaggio e attitudine a distinguere tra possesso momentaneo e proprietà effettiva. Per un recruiter questi dettagli contano: rivelano elasticità mentale, precisione e cura del significato delle parole.

Il bello di questo quesito è che entrambe le risposte dicono qualcosa: non esiste un “errore” assoluto, ma esistono modi diversi di interpretare una situazione. Ed è proprio questa differenza interpretativa che permette allo psicologo o al selezionatore di capire come la mente del candidato inquadra un problema e quali abitudini di pensiero applica in automatico.

Colloquio
Colloquio di lavoro (Pexels) – MtvPuglia

Indovinelli e soft skill: cosa cercano davvero le aziende nei candidati

Oggi i selezionatori danno sempre più peso alle soft skill: capacità di problem solving, flessibilità, comunicazione, spirito critico. Gli indovinelli servono proprio a far emergere queste qualità senza bisogno di lunghi test, osservando la spontaneità della risposta. La domanda sulle penne è efficace perché mette alla prova la capacità di analizzare il contesto, di non cadere nella trappola della prima impressione e di giustificare il proprio ragionamento in modo coerente.

Chi risponde “3” dimostra rapidità e associazione immediata tra numeri e azione; chi risponde “5” mette in campo una valutazione più ampia, che tiene conto della differenza tra prestito e perdita definitiva. Entrambi i modi di pensare sono utili, ma solo chi riesce a spiegare con chiarezza la logica seguita mostra davvero la maturità interpretativa che molte aziende cercano. Nel complesso, questo semplice indovinello aiuta i recruiter a osservare come il candidato si orienta tra logica, linguaggio e intuizione.

Domande come questa diventano quindi uno strumento prezioso nei colloqui, perché permettono di distinguere chi affronta i problemi con automatismi rigidi da chi, invece, valuta la situazione in modo più approfondito. E proprio l’elasticità mentale è una delle qualità più apprezzate nel mercato del lavoro di oggi, dove saper leggere il contesto e adattarsi rapidamente fa spesso la differenza.