Un giorno vivremo su questo pianeta | Gli scienziati hanno trovato il “sostituto della terra”: dista pochi anni luce ed ha proprio tutto quello che serve

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Pianeta (Pexels) - MtvPuglia

Gli astronomi guardano con stupore a Barnard b, un esopianeta a pochi anni luce dalla Terra che accende la fantasia sull’abitabilità dello spazio, pur non essendo adatto alla vita umana.

L’idea che un giorno l’umanità possa trasferirsi su un altro pianeta affascina scienziati e pubblico da decenni, e ogni nuova scoperta di un mondo fuori dal Sistema solare accende la domanda: “È qui che andremo ad abitare?”. Tra i candidati che hanno attirato l’attenzione negli ultimi anni c’è Barnard b, un esopianeta che orbita attorno alla stella di Barnard, una delle stelle più vicine al nostro Sole. La sua scoperta ha stupito gli esperti e ha rinnovato l’interesse per la ricerca di pianeti potenzialmente adatti a ospitare la vita, anche se le condizioni reali di questo mondo risultano molto diverse da quelle terrestri.

Il fascino di Barnard b nasce soprattutto dalla sua vicinanza cosmica: si trova a soli sei anni luce dalla Terra, nel “vicinato” del Sistema solare. La prospettiva di un pianeta così vicino, orbitante attorno a una stella relativamente ben studiata, lo rende un obiettivo privilegiato per l’osservazione e l’analisi. Ma tra la fantasia di una nuova casa per l’umanità e la realtà fisica di questo esopianeta c’è una distanza ancora enorme, fatta di temperature estreme, orbite molto strette e condizioni che non rientrano nella zona abitabile così come la conosciamo.

Pianeti abitabili, zona Goldilocks e la scoperta di Barnard b

Quando si parla di pianeti abitabili, gli scienziati fanno riferimento a corpi celesti che possiedono condizioni favorevoli alla vita simili a quelle della Terra. Tra i requisiti principali ci sono una temperatura moderata, la possibile presenza di acqua liquida in superficie e una atmosfera in grado di proteggere e regolare il clima. Tutto questo è legato al concetto di zona abitabile, la cosiddetta “zona Goldilocks”, l’area attorno a una stella in cui le temperature permettono all’acqua di rimanere allo stato liquido, senza ghiacciare del tutto né evaporare completamente.

La ricerca di pianeti con queste caratteristiche si concentra soprattutto sui sistemi stellari vicini, come Proxima Centauri e la stessa stella di Barnard. Gli astronomi utilizzano telescopi avanzati e metodi indiretti per individuare gli esopianeti, studiandone l’orbita, la massa e, quando possibile, la composizione. Non tutti i mondi scoperti, però, sono adatti alla vita: molti sono troppo caldi o troppo freddi, altri sono giganteschi pianeti gassosi, altri ancora non possiedono nemmeno una superficie solida su cui “appoggiare i piedi”.

In questo contesto si inserisce la scoperta di Barnard b. Grazie allo strumento ESPRESSO montato sul Very Large Telescope (VLT) dell’ESO, gli astronomi hanno individuato un esopianeta che orbita intorno alla stella di Barnard, considerata la stella singola più vicina al Sole. Barnard b ha una massa pari ad almeno la metà di quella di Venere e completa la sua orbita in poco più di tre giorni terrestri, segno di una vicinanza estrema alla propria stella. Già in passato, nel 2018, erano emersi segnali di un possibile pianeta in questo sistema, ma i dati più recenti non hanno confermato quella precedente indicazione, lasciando Barnard b come unico esopianeta attualmente accertato intorno a questa stella.

Perché Barnard b non è abitabile e cosa ci insegna sul futuro dell’esplorazione

La stella di Barnard è una nana rossa, più piccola e fredda del nostro Sole, ma proprio per questo molto interessante per la ricerca di pianeti rocciosi di piccola massa. Attorno a stelle di questo tipo, infatti, gli esopianeti sono più facilmente rilevabili. Barnard b però non rientra nella zona abitabile del suo sistema. Il pianeta orbita circa venti volte più vicino alla sua stella di quanto Mercurio faccia con il Sole, una distanza così ridotta da sottoporlo a un’intensa radiazione e a temperature superficiali stimate intorno ai 125 °C. In queste condizioni, l’acqua non potrebbe esistere allo stato liquido in superficie, elemento che rende estremamente improbabile la presenza di vita simile a quella terrestre.

Sebbene sia dunque troppo caldo per ospitare acqua liquida e quindi per sostenere la vita come la conosciamo, Barnard b ha un ruolo fondamentale: la sua scoperta sta aprendo la strada a nuove ricerche e a tecnologie ancora più sofisticate. L’arrivo di strumenti come l’Extremely Large Telescope (ELT) dell’ESO, attualmente in costruzione, permetterà di studiare in modo più dettagliato i pianeti che orbitano nella zona temperata di stelle vicine, compresa la stella di Barnard stessa. Osservazioni più precise potrebbero rivelare l’esistenza di altri esopianeti nel sistema, magari con condizioni più favorevoli alla vita.

L’esplorazione dei pianeti abitabili resta uno degli obiettivi più ambiziosi dell’umanità. Identificare un mondo che possa, almeno in teoria, ospitarci è il primo passo verso una possibile espansione oltre i confini della Terra. Oggi Barnard b non è la nostra futura casa, ma rappresenta un tassello prezioso di questo percorso: mostra quanto il vicinato cosmico sia più ricco e complesso di quanto immaginassimo e quanto la strada per trovare un vero gemello della Terra sia lunga, ma sempre più definita grazie ai progressi della scienza.