04/07/2014 – Corriere del Mezzogiorno
Dopo tanti articoli nei quali si è parlato di vini provenienti da varietà autoctone, Guglielmo Bellelli si occupa ora di un vino che proviene da un’uva giunta invece solo recentemente nel nostro territorio, il Syrah 4.7.7 di Alberto Longo: un vino insolito per questa regione, ma davvero ben riuscito. Di seguito la seconda parte del suo racconto.di Guglielmo BelelliIntanto Longo aveva affittato l’antica Fattoria Cavalli, una masseria ottocentesca piantandovi 8 ettari di vigneti, ristrutturandola e facendone la sede di una modernissima cantina. Gli ettari di vigna a disposizione sono ora 27,00 nel territorio della DOC San Severo, e 8 in quello del Cacc’e Mmitte, tra loro confinanti, per produrre un’ampia gamma di vini soprattutto rossi (Cacc’e Mmitte, 4.7.7, Le Cruste, un ottimo Nero di Troia, un Negroamaro), un bianco e uno spumante da uve Falanghina, un rosé dal colore tenue di stile provenzale, ed altri ancora.Le origini del Syrah (o Shiraz, come è chiamato in Australia e Sud Africa) sono, come quelle di molte varietà, ancora misteriose.Quasi sicuramente la sua culla d’origine è il Nord del Rodano, essendo già conosciuto alla fine del ‘700 nell’Hermitage e nella Côte-Rotie, dove ancora si producono le migliori versioni di questa varietà a bacca rossa, che dà vini di grande personalità, capaci di durare a lungo, dai caratteristici sentori speziati, di frutti scuri e cacao, spesso grigliati, come di bacon. Chi ha avuto la fortuna di assaggiare il mitico Hermitage La Chapelle in una delle sue migliori vendemmie (come la 1961) o la cuvée Cathelin di Chave, potrà facilmente comprendere Le molte ipotesi alloctone, non supportate dalle analisi del DNA, lo hanno fatto provenire dalla Siria, dall’antica città di Shiraz, in Persia, da Siracusa, dove sarebbe stata importata dal tiranno Agatocle dall’Egitto tre secoli prima di Cristo, dall’isola greca di Syros, nelle Cicladi, e persino dall’Albania, ma è certo che esso è stato per la prima volta descritto in Francia, dove, dal nord del Rodano si è poi ampiamente diffuso in tutto il sud, come varietà migliorativa. Secondo maggior produttore al mondo è l’Australia, dove i Syrah hanno una qualità molto variabile, da quella di vino corrente, a vini di grande intensità, soprattutto nella Barossa Valley, di cui il Grange di Penfold’s è la migliore espressione.E l’Italia? Probabilmente le prime barbatelle di Syrah sono arrivate alla fine dell’800 da Montpellier, nel 1899. Tra le varietà cosiddette internazionali non ha avuto la fortuna del Cabernet, ma ce n’è in Piemonte, in Sicilia, e soprattutto in Toscana. Qui, nella provincia di Arezzo,a Cortona, si produce probabilmente il miglior Syrah italiano. E fu da una bottiglia della riserva «Il Bosco» dei Tenimenti D’Alessandro, uno dei produttori di riferimento del Syrah cortonese, che Alberto Longo si fece ispirare, quando piantò il Syrah nell’agro di Lucera. Non era il primo vino da varietà francese prodotto da Longo: lo aveva preceduto il Calcara vecchia, con il Cabernet Franc, un ottimo vino che ha ancora molti estimatori, ma che Longo produce in poche bottiglie , perché ormai il mercato chiede soprattutto vini da varietà autoctone. Ma Longo, che pure non avrebbe bisogno di alcuna giustificazione al riguardo, essendo ben noto il suo impegno a tutela dei vitigni locali e per il recupero del Cacc’e Mmitte, non ha rinunciato al suo Syrah, e ha fatto bene, perché si tratta di un vino davvero interessante, che mostra come, in viticultura (e in ogni altro campo) non debbano esservi tabù.Il Syrah si è ambientato molto bene sul suolo calcareo a tessitura argillosa di San Severo e al suo clima, caldo d’estate, ma con forti escursioni termiche. La vigna (tre ettari, ma il 4.7.7. è prodotto con un solo ettaro, in cui è il clone migliore, il 470) fu piantata, su suggerimento di Giacomo Tachis, nel 2002, per ricavarne non più di 7-9000 bottiglie, con rese molto più basse di quelle adottate per i vini di qualità superiore. Il nome, 4.7.7., è la data di nascita di Giovannino, il figlio di Alberto, al quale questo vino è dedicato, come recita anche la retroetichetta, e la prima vendemmia è appunto quella del 2007, quasi a suggellare la coincidenza della sua nascita con quella di questo vino, al quale certamente Alberto tiene moltissimo. Il 4.7.7 viene da uve selezionate di Syrah in purezza, raccolte a mano, diraspate, fatte fermentare, in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata, dove macerano per circa 20 giorni. Dopo la malolattica il vino affina in tonneaux e barriques di rovere francese non nuovi per almeno 12 mesi e altri 18 in bottiglia. Ha un colore rubino scuro con orlature granata, naso intenso di confettura di ciliegie nere e prugne, con note speziate e caffè tostato. Sul palato rivela una struttura salda, tannini fitti e una seducente morbidezza. Tre le annate finora uscite, dopo quella del 2007. Il vino cresce di anno in anno: sorprendente, tra Rodano e Mediterraneo, il vino del 2007, oggi al suo meglio, ancora giovane, molto fine, il 2008, al naso frutti scuri e note terrose e lievemente fumé; balsamico, potente e intenso il 2009, in divenire, ma una bella promessa il 2010, ora in uscita (prugna, fiori scuri, cannella e cacao).
