04/07/2014 – Nuovo Quotidiano di Puglia
di Pino De LucaCosì erano avvinti, fin dalla metà dell’800 i coltivatori di vite e i commercianti di vino. In mezzo le mediazioni, gli apprezzatori e, torme di sensali e di mestieri ormai scomparsi. Aneddoti, storie, alcune simpatiche altre di malaffare, scheletri negli armadi, costellano questo lungo periodo. Ovunque, ovviamente, e non solo nel Salento. Ma nel Salento siamo, di cantine ragioniamo e questo è il nostro sistema di riferimento. Salento avvezzo, da tempo immemore, ad essere occupato e dominato, eppure raramente colonizzato. Accade anche con le “Famiglie del Nord” i cui prodromi vengono qui per comprare vino, poi stanno una settimana, un mese, trascorre l’anno e si ritrovano radicati con mogli e figli, e nipoti. Questo è accaduto ai Cantele, a Gian Battista. Commerciante di vino frequenta Lecce che è la capitale della borsa. Poi il colpo gobbo. Si porta appresso la moglie, Teresa Manara. E Lecce diventa la casa di Gian Battista e di Teresa.Nascono i figli e la voglia di indipendenza. “Il vino continuo a comprarlo ma lo produco anche da me”. I figli del vino si innamorano e principia la stirpe.Lo diciamo spesso, nel mercato del vino è difficile entrarci, ma una volta dentro uscirne è impossibile. La malattia diventa di famiglia e Augusto e Domenico, prole dei pionieri, generano Paolo e Gianni il primo e Umberto e Luisa il secondo. E sul vino si procede. L’indipendenza incombe, è tempo di fare una cantina. I terreni aumentano e la voglia di esserci pure. Bianco dunque, colore del tufo e della calce, a metà strada tra Salice e San Donaci, in uno spicchio di terra che si è eletta a culla del negro amaro, gravida di frutto per viti generose. Bianco di pulito, per una ricerca enologica che mette la freschezza al centro del vino. Ne tiene evidente e chiara l’essenza aromatica e gustativa, la luminosità e la brillantezza. La cura maniacale per l’igiene è ad ogni piano, dai sotterranei nei quali il vino riposa ai piani alti dove spesso il vino trova la sua capitolazione. I piani intermedi, luoghi di uffici open e di serbatoi e macchine enologiche, nonostante l’alta frequentazione, son testimoni di quanto riportato. E lo sono anche le bottiglie, sui bianchi ed i rosati in particolare.Non solo assenza di impuro e di residuo, trasparenza cristallina, ma talvolta anche bagliori di lucepropria.Colpa di Gianni che se li cura dalla campagna alla bottiglia. Tecnicamente perfetti. Ma poi hanno altro, hanno una forza ed una determinazione questi vini…che…che sembra quasi siano immersi in uno sforzo continuo a migliorarsi, ammalati di quel “morso del più” che non può venire che da Umberto, podista possente e di temperamento.Vino bello, preciso, potente e di gran corpo eppure ..eppure leggiadro, armonioso, gentile e suadente. Come di una Shahrazad danzata e danzante.Lo zampino di Luisa…E dunque i Cantele son riconoscibili dai vini: texture di fondo di indiscutibile perfezione tecnica, di nerbo e carattere, armoniosi e suadenti. Eppure quando sorseggi un bicchiere di Amativo sei li, a rimembrar quel giorno in cui, come tutti, il male di vivere hai incontrato…A riflettere su come sia passato, e su come son tante le cose che esistono tra il cielo e la terra, e su come ognuna sappia raccontarci qualosa, qualcosa di tetro o d’allegro non importa, ma qualcosa di profondo. Qualcosa che ti fa render conto che c’è una differenza tra un balzano da tre ed un umano pensante.Viene così, anche autocitarsi: Vino santo dei poeti, fonte dei segreti vino dei profeti, vino delle mete che, per quanto bevi, non lenisce mai la sete. Vino degli amanti, vino dei viandanti, mare del pensiero. Come mi somiglia, come ci somiglia, questo sangue nero. E dal fondo delbicchiere la faccia di Paolo ti sorride: “Con il nostro vino ti ci puoi ubriacare ma non smetter mai, di pensare”.Quattro persone, così diverse e così unite in un bicchiere di vino ci entrano tutte, e ci entrano meglio se sali su in cantina, in quella sala de I Sensi, bianca e linda come lacantina. Tecnicamente perfetta, solida, armonica e da meditarci a lungo. E in cantina ci trovi anche le quattro persone. Simbionti. E pensare che in tanti, ma proprio in tanti, vorrebbero chiuderci in una prigione che si ostinano a chiamare tradizione e invece si chiama solo grettezza diprovincia. Beata gioventù da ovunque vieni, rammenta che ilfuturo non ti attende, devi costruirtelo. E qui, in terra di Salento, il futuro è nelle zolle , nei filari e nelle fatiche.Ti biondano, generose se la rispetti. Ma poi, poi devi fare il vino e qui i vino è sempre buono, ovunque.La differenza è nelle storie che racconta. I vini di Cantele raccontano quelle che v’ho scritto, se non ci credete andate a trovarli, magari una sera da “I Sensi” spalancati. S’ho mentito bruciatemi pure, s’ho detto il vero godetevi il piacere di un Fanòi. Alla mia salute.L’ARTICOLO:
