Laurea, con questa non trovi lavoro nemmeno con le cannonate | Dopo i festeggiamenti tutti disoccupati: scelta da non fare assolutamente
Analisi dei dati Almalaurea: scopri quale percorso di studi offre meno sbocchi professionali immediati e le ragioni dietro il divario con le facoltà STEM.
Laurea (Pexels) - MtvPuglia
Scegliere il percorso universitario è una delle decisioni più complesse nella vita di uno studente. Se da un lato la passione dovrebbe essere il motore principale di ogni scelta accademica, dall’altro il pragmatismo impone un confronto con la realtà del mercato del lavoro italiano. Secondo gli ultimi rapporti annuali forniti da Almalaurea, il consorzio interuniversitario che monitora l’inserimento lavorativo dei laureati, esiste un divario netto tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche. Ma qual è, dati alla mano, la laurea che fa trovare meno lavoro in assoluto?
I dati parlano chiaro: il settore letterario e psicologico in affanno
Analizzando i tassi di occupazione a uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, il gruppo letterario-umanistico e quello psicologico si contendono spesso la maglia nera della classifica. In particolare, la laurea in Psicologia registra frequentemente le performance peggiori in termini di occupazione immediata.
Secondo le rilevazioni più recenti, a un anno dalla laurea magistrale, il tasso di occupazione per i laureati in Psicologia si attesta spesso sotto la soglia del 50-55%, un dato drasticamente inferiore rispetto all’oltre 90% di Ingegneria o Medicina. Anche a cinque anni dal titolo, sebbene la situazione migliori, il divario retributivo e la stabilità contrattuale rimangono problematici. Le ragioni sono molteplici: un mercato saturo, la necessità di lunghi percorsi di specializzazione post-laurea (tirocini, esami di stato, scuole di psicoterapia) e una domanda del settore pubblico che non riesce ad assorbire l’elevato numero di neo-dottori.
Discorso analogo vale per il gruppo letterario (Lettere, Filosofia, Storia). Qui il tasso di occupazione a cinque anni dalla laurea oscilla intorno al 75-78%, ma con una forte incidenza di contratti precari o part-time involontari. Il principale sbocco professionale, l’insegnamento, è spesso soggetto a graduatorie bloccate e percorsi di abilitazione complessi, rendendo l’ingresso nel mondo del lavoro una corsa a ostacoli.
Il paradosso di Giurisprudenza e la saturazione del mercato
Un capitolo a parte merita la laurea in Giurisprudenza. Storicamente considerata un passpartout per carriere prestigiose, oggi rappresenta uno dei percorsi più rischiosi in termini di tempistiche di ingresso nel mercato. Sebbene non sia la laurea con meno lavoro in assoluto sul lungo periodo, è quella con l’ingresso più lento e faticoso.
I dati mostrano che i laureati in Giurisprudenza hanno tassi di occupazione a un anno dal titolo tra i più bassi in assoluto (spesso inferiori al 40% se si considerano i lavori retribuiti dignitosamente). Questo fenomeno è dovuto all’obbligatorietà del praticantato forense o notarile, periodi spesso non retribuiti o scarsamente rimborsati, e alla difficoltà dei concorsi pubblici (Magistratura, Notariato). Inoltre, l’Italia conta uno dei numeri di avvocati più alti d’Europa in rapporto alla popolazione, creando una concorrenza spietata che abbatte i redditi medi dei giovani professionisti. Pertanto, chi sceglie Giurisprudenza deve mettere in conto un “periodo di latenza” post-laurea di diversi anni prima di raggiungere una stabilità economica.

Non tutto è perduto: come valorizzare le lauree umanistiche
Dipingere un quadro esclusivamente a tinte fosche sarebbe tuttavia ingiusto e parziale. Se è vero che le lauree STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) garantiscono un accesso quasi immediato al lavoro, le lauree umanistiche e sociali offrono competenze trasversali sempre più richieste, le cosiddette soft skills: pensiero critico, capacità di comunicazione, adattabilità e problem solving complesso.
Il segreto per chi sceglie percorsi come Lettere, Psicologia o Giurisprudenza risiede oggi nell’ibridazione delle competenze. Un laureato in lettere che possiede competenze digitali (SEO, content management, data analysis) diventa una risorsa preziosa per le aziende tech e di comunicazione. Allo stesso modo, la psicologia del lavoro e delle organizzazioni offre sbocchi interessanti nelle risorse umane (HR). La sfida per il futuro non è abbandonare le discipline umanistiche, ma ripensarle in chiave moderna, integrando la formazione accademica tradizionale con master professionalizzanti o corsi tecnici che colmino il gap con le reali esigenze delle imprese.
