Pensioni minime | Finalmente arriva il bonus aggiuntivo e l’aumento immediato: ecco quanto arriva a dicembre
Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, l’attenzione di milioni di pensionati italiani si concentra sulla Legge di Bilancio 2025. Al centro del dibattito politico ed economico…
Pensione (Pexels) - MtvPuglia
Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, l’attenzione di milioni di pensionati italiani si concentra sulla Legge di Bilancio 2025. Al centro del dibattito politico ed economico vi è, come di consueto, il tema delle pensioni minime, un argomento sensibile che tocca le fasce più vulnerabili della popolazione. Dopo gli interventi straordinari degli ultimi due anni, il governo si trova ora a dover bilanciare la necessità di sostenere il potere d’acquisto dei cittadini con l’obbligo di mantenere in ordine i conti pubblici, in un contesto economico mutato rispetto al recente passato.
La situazione per il 2025 si preannuncia diversa rispetto al biennio precedente. Se nel 2023 e nel 2024 l’inflazione galoppante aveva imposto adeguamenti significativi per evitare l’erosione degli assegni, il raffreddamento della corsa dei prezzi previsto per il prossimo anno riduce i margini di aumento automatico, spostando la responsabilità decisionale interamente sulle scelte discrezionali dell’esecutivo.
Le cifre della Manovra: di quanto aumenteranno gli assegni?
Per comprendere cosa accadrà nel 2025, è necessario partire dai dati attuali. Nel 2024, grazie alla perequazione e a un incremento straordinario del 2,7% voluto dalla Legge di Bilancio precedente, le pensioni minime sono salite a 614,77 euro. Tuttavia, questo incremento straordinario era tecnicamente una misura transitoria, valida per l’anno in corso. Senza un intervento di conferma o potenziamento nella nuova Manovra, si rischierebbe paradossalmente un passo indietro o una stagnazione.
Le proiezioni attuali, basate sui documenti programmatici del Ministero dell’Economia, suggeriscono un approccio improntato alla prudenza. L’inflazione previsionale per il 2025 si attesta intorno all’1% (o poco sopra, secondo le stime Istat definitive che arriveranno a fine anno). Questo significa che l’adeguamento automatico all’inflazione porterebbe l’assegno minimo a crescere di pochi euro, raggiungendo una cifra stimata attorno ai 617-620 euro mensili. L’obiettivo politico di alcune forze di maggioranza, che puntavano a raggiungere la soglia psicologica dei 1.000 euro entro la fine della legislatura, appare al momento lontano. L’ipotesi più realistica è una conferma del bonus aggiuntivo (il cosiddetto ‘super-indice’) per garantire che l’assegno non scenda sotto la soglia attuale e possa beneficiare di un lieve ritocco verso l’alto, portandolo verosimilmente poco sopra i 620 euro.
Il meccanismo di perequazione e l’inflazione in calo
Il cuore tecnico della questione risiede nel meccanismo della perequazione, ovvero l’adeguamento annuale degli assegni pensionistici al costo della vita. Questo strumento è fondamentale per proteggere il potere d’acquisto dei pensionati. Tuttavia, il meccanismo è un’arma a doppio taglio: quando l’inflazione è alta, gli aumenti sono sostanziosi (come visto nel 2023 con un +8,1% e nel 2024 con un +5,4%); quando l’inflazione scende, come previsto per il 2025, gli aumenti si assottigliano drasticamente.
Per il 2025, il tasso di rivalutazione provvisorio è stimato intorno all’1,6%, ma potrebbe essere rivisto al ribasso all’1% in fase di consuntivo. Questo scenario crea un problema politico: con un’inflazione percepita ancora alta sui beni di prima necessità (il cosiddetto ‘carrello della spesa’), un aumento nominale di soli 3 o 4 euro verrebbe percepito come insufficiente dalla platea dei pensionati. Per questo motivo, il governo sta studiando come modulare la rivalutazione straordinaria. L’incremento del 2,7% applicato nel 2024 scade il 31 dicembre; la sfida tecnica è rinnovare tale misura e possibilmente incrementarla leggermente, trasformandola da misura ‘una tantum’ a strutturale, o quantomeno prorogarla per un altro anno fiscale.
Le promesse politiche e la sostenibilità dei conti
Oltre ai calcoli attuariali, la partita sulle pensioni minime è squisitamente politica. Forza Italia, in particolare, ha fatto dell’aumento delle minime una bandiera identitaria, premendo per rialzi più consistenti. Tuttavia, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha più volte richiamato alla responsabilità, citando le nuove regole del Patto di Stabilità europeo e la procedura per deficit eccessivo che impone all’Italia un rientro rigoroso del debito.
Le risorse a disposizione per la previdenza sono limitate. La spesa pensionistica italiana è tra le più alte d’Europa in rapporto al PIL e ogni aumento, anche minimo, moltiplicato per milioni di trattamenti, genera un impatto di centinaia di milioni di euro sulle casse dello Stato. La strategia del governo sembra quindi orientata verso interventi mirati (“chirurgici”) piuttosto che a pioggia. È probabile che si cercherà di tutelare esclusivamente i trattamenti minimi puri, escludendo dagli aumenti straordinari chi possiede altri redditi o patrimoni significativi, sebbene il controllo su questi requisiti sia complesso.
In conclusione, il 2025 sarà un anno di transizione e mantenimento. Non ci si deve attendere una rivoluzione degli importi, ma piuttosto uno sforzo per consolidare i livelli raggiunti nel 2024, con un ritocco marginale per compensare la residua inflazione. La vera sfida sarà garantire che, al netto del costo della vita reale, il potere d’acquisto dei pensionati più poveri non subisca arretramenti.
