19/09/2013 – AliceTv blog

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Molto spesso studiando il vino incrociamo storie fantastiche e ricche di fascino; la storia del Primitivo, del territorio dove si è sviluppata nei secoli la sua coltivazione e degli uomini che ancora oggi allevano questo vitigno si intersecano donandoci meravigliosi scorci di una realtà contadina che deve essere un vanto per la Puglia e per l’Italia non solo agricola.Il Primitivo ha trovato in Puglia il terroir ideale, fino a qualche anno fa i coltivatori pugliesi ne producevano grandi quantità che spedivano sia al nord Italia sia in Europa e in tutto il mondo, cisterne partivano attraversando sia per mare che per terra raggiungendo cantine lontane, dove venivano utilizzati per tagliare vini in debito di struttura e vigore, che solo il sole di Puglia è capace di trasmettere alle vigne. Da qualche decennio il sistema è cambiato, i viticultori pugliesi hanno rivoluzionato la loro filosofia imbottigliando il vino per proprio conto, raffinando il gusto del vino e riuscendo ad ottenere risultati sorprendenti, tanto che oggi il Primitivo è uno dei simboli dell’enologia italiana e pugliese nel mondo. La storia del Primitivo risale a secoli passati, il suo nome probabilmente deriva dalla sua precoce maturazione, e gli fu assegnato da un monaco (Don Francesco Indellicati) che per primo piantò i tralci di questo vitigno isolandoli da altri alla fine del settecento nei terreno della zona di Gioia del Colle.E’ probabile che l’arrivo in Puglia risalga ai millenni passati per merito di popolazioni come gli Illiri o i Greci o in epoca più recente, tra il quindicesimo o il sedicesimo secolo da popolazioni slave e greco-albanesi nel loro migrare per sfuggire alle invasioni ottomane. In territorio messapico, più precisamente a Manduria, arrivò molto più tardi: alla fine del milleottocento, grazie a uno di quei matrimoni combinati tra famiglie patrizie, tra i beni portati in dote dalla sposa c’erano delle barbatelle di questo vitigno, divenuto oggi emblema del territori assieme all’olio extravergine di oliva, alle ricchezze storico artistiche e alle meravigliose proposte gastronomiche.La storia del Primitivo si arricchisce di curiosità, ancora di più, andando a scavare per scoprire le origini del vitigno.Anni fa, il caparbio viticultore Gregory Perrucci, era entrato a far parte dell’associazione americana di produttori di Zinfandel, vitigno gemello del Primitivo, che gli americani da sempre hanno considerato autoctono, alcuni associati non tollerarono la presenza del “Pugliese” e ne chiesero l’espulsione dall’associazione. Gregory, riuscì, grazie a ricerche internazionali di laboratorio, a dimostrare che lo Zinfandel e discendente diretto del Primitivo, conservando il proprio posto all’interno dell’associazione. Le ricerche continuarono e sembra che entrambi i vitigni siano cloni di una pianta di origino croate dal nome Crljenac Kastekanski. La disputa tra Puglia e California si è così risolta in favore di un terzo territorio.Ma anche la storia del vignaiolo Claudio Quarta si interseca con quella del territorio Murgese e il Primitivo, torna dall’America dopo aver ottenuto prestigiosi successi professionali, ed acquista una Masseria per produrre quello che lui, e non solo, reputa il simbolo di questa terra il vino Primitivo, attuando nuovi sistemi di lavorazione sia strutturali che tecnologici.Ma anche la storia di Mimmo Varvaglione è strettamente legata al territorio: lui quando parla del suo vino e ha una bottiglia in mano la carezza come fosse un suo figlio di cui va particolarmente orgoglioso. Mimmo all’età di cinque anni all’uscita di scuola decide di portare un suo compagno a visitare la nuova cantina che la famiglia sta costruendo, i bimbi sono dati per dispersi, al momento del ritrovamento il padre di Mimmo gli chiede il perché di questa fuga, e il bambino “la cantina è la mia vita”.Così e stato.Ecco queste le storie degli uomini, del territorio e del vitigno, ma moli di voi si chiederanno ma come è questo vino?Mi viene da rispondere che non rimane che assaggiarlo, io qui posso solo raccontarvi le sue caratteristiche generali.Il colore è di un bel rosso violaceo, che assume sfumature sull’arancio a seconda se l’affinamento avviene in legno o acciaio, e dal tempo di invecchiamento, si possono ottenere anche riserve socondo il disciplinare della DOCG.Al naso risulta gradevole, con note speziate e sentori di liquirizia, che non sovrastano il caratteristico profumo di ciliegia e amarena. Al palato risulta un gusto rotondo, armonico e pieno, con un retrogusto persistente ricco di personalità.Gli abbinamenti migliori sono con i prodotti del territori, come i formaggi: canestrato, caciocavallo podolico e pecorino stagionato. Ma ben si sposa con la salciccia o la soppressa ed anche con gli arrosti sia di agnello o di manzo.Alcune tipologie di Primitivo sono capaci di sostenere un invecchiamento prolungato e allora possiamo dire di trovarci difronte ad un buon vino da meditazione.Buona bevuta a tutti.